Da Istanbul a Ivrea (quasi) tutto d’un fiato. Il giro del mondo di Paola Gianotti sta volgendo al termine, con tanti ricordi che affollano la testa, la voglia di tornare a casa ma anche una strana e precoce nostalgia del viaggio che sta per finire. Ecco il racconto degli ultimi chilometri che porteranno alla vittoria del Guinness dei Primati.
L’atterraggio questa volta è a Istanbul, magnifica città a cavallo tra Asia ed Europa. E’ giorno e all’arrivo in aeroporto Paola Gianotti trova il suo grande amico Paolo, ultracycler arrivato in camper da Schio (Ve), e Nico, giunto in volo da Singapore. Un caffè e quattro chiacchiere e il team è già pronto per ripartire.
L’attraversamento di Istanbul avviene cronometro alla mano, non c’è tempo di fermarsi. Dopo poche ore Paola supera il confine con la Grecia. Segue tutta la costa fino all’Albania, e poi la Croazia. La media giornaliera dei chilometri sta aumentando: con pochi dislivelli arriva anche a 300, con partenza alle 4.30 del mattino e stop alle 22 o alle 23. Il record da battere è 152 giorni, occorre fare di tutto per stare sotto quella cifra. Arrivata in Slovenia mancano solo 100 chilometri all’Italia. L’euforia è tanta, la fatica c’è ma non si sente. La prima tappa italiana è a Trieste per conoscere la famiglia di Giuseppina e di Sebastiano, una mamma e un figlio speciali, che con le loro parole hanno dato forza a Paola nei momenti più bui dell’incidente negli Stati Uniti. Il giro riprende da Trieste la mattina presto, in pratica mancano gli ultimi tremila chilometri. Si scende verso la costa adriatica, piove e fa freddo. Gli incontri con gli ammiratori di Paola sono sempre più frequenti, la seguono in bicicletta per un tratto, si sbracciano dai finestrini delle auto per incitarla e salutarla. La aspettano lungo la strada per scattare una foto, accompagnarla per un po’. A Cesena la accoglie un benvenuto della città e poi Cesenatico, Senigallia, per incontrare l’amica Carmen, una pizza in camper con lei e famiglia. Si scende verso la Puglia, Santa Maria di Leuca è fantastica vista all’alba. E’ la volta di Taranto, dell’Ilva con le sue polveri rosse, pericolose, inquinanti. La pedalata prosegue fino a Reggio Calabria e la destinazione successiva è Napoli. Qui la festa è grande ed attraversare la città in bici è quasi impossibile. Ma con l’aiuto di un amico in motorino che apre la strada, Paola arriva a Pozzuoli. Le previsioni meteo danno brutto, il team è già sull’Aurelia e nel cielo si profilano nuvoloni neri. Un vigile avvisa che causa maltempo l’Aurelia verrà chiusa, per sicurezza. L’unica alternativa, dice, è l’autostrada. In bicicletta. Paola e il team proseguono così il loro giro del mondo in terra italiana nientemeno che in autostrada, sulla corsia di emergenza. Non c’è quasi nessuno e sta diventando buio. Fulmini all’orizzonte.
“Svoltiamo alla prima uscita per rientrare sull’Aurelia. L’acqua inizia a salire nelle strade e ci troviamo di nuovo bloccati. Dobbiamo fermarci e aspettare che la situazioni migliori. Sono dentro nei tempi, ma non posso permettermi troppe ore di sosta. Controllo nuovamente il meteo e pare sia in miglioramento. Dormiamo qualche ora e verso le tre si riparte. L’Aurelia è di nuovo aperta”.
La corsa procede velocemente in direzione Viareggio . Penultima tappa notturna. Paola dorme poche ore, l’adrenalina è alta. Si riparte per affrontare il passo della Cisa. E’ avvolto dalla nebbia e fa freddo. E’ l’ultima salita di questo giro del mondo, Paola adesso vola verso casa. La meta da raggiungere è Pavia, eccola. Mancano solo 115 chilometri all’arrivo finale.
144esimo giorno. La sveglia è elettrizzante, la truppa eccitatissima. “E’ incredibile la carica di energia che si respira questa mattina. Fa freddo, accidenti, il cielo si è svegliato sul nuvolo spinto e sta per iniziare a piovere. Ma nessuno se ne accorge. Siamo tutti così carichi che ci potremmo nuotare nell’adrenalina che abbiamo addosso”.
A una velocità di trentadue chilometri orari Paola è ormai quasi giunta in Piemonte. La gente che la affianca in macchina per salutarla è sempre più numerosa. Il cielo continua ad essere nero, non lo è l’umore della ciclista, di ritorno dopo un anno e mezzo dal giorno di partenza.
“Confusa e felice come nella canzone di Carmen Consoli continuo a spingere sui pedali, nelle narici il profumo di casa. Sono strade che conosco, che ho fatto spesso durante i miei allenamenti e ripercorrerle dopo aver girato il mondo mi emoziona”.
Passata Santhià e la sua piazza gremita di gente è ora di ripartire per tornare a casa. Ivrea è vicina. “Dai Hobo che siamo arrivate, ci siamo. Non è un pezzo di acciaio, è la mia bici. La bici con cui ho condiviso tutti quei chilometri, tutti quei momenti. E’ la bici del giro del mondo. La bici del giro del mondo del Guinness dei Primati. Quando mi vedo davanti il cartello Ivrea scoppio a piangere di brutto”.
Ecco l’arco che segna il traguardo, Paola ce l’ha fatta. Ha realizzato il suo sogno, il giro del mondo in bicicletta, prima donna italiana e seconda nel mondo.
Crediti foto: www.keepbrave.com