LA FORZA DELLA MENTE: MARINO THE MENTAL COACH

CAMBRILS (SPA): “Le persone sono la risultante di un percorso, delle loro esperienze passate. È importante che la testa abbia assimilato al meglio tutti i passaggi della vita per poter dare il meglio di noi stessi”. E’ così che Marino Rosti, mental coach del Team Bahrain Merida introduce alcuni concetti relativi al proprio lavoro al fianco degli atleti di alto livello.

Storicamente nel ciclismo si è sempre privilegiata la preparazione del fisico, tralasciando l’aspetto mentale della performance. Negli ultimi anni invece vi è una tendenza a non trascurare più niente e per questa ragione le figure come quella di Rosti, ricoprono maggiore importanza in seno alle squadre e nella carriera degli sportivi.

Mente e fisico vanno di pari passo. Lo sanno anche i coach. – aggiunge il sanmarinese – Vi è la giornata in cui sei più tranquillo in cui le cose sono andate bene, sono quelle in cui si è disposti a lavorare di più. Se invece qualcosa mina la tranquillità allora non riusciremo ad avere la concentrazione adeguata. Può essere per via di problemi famigliari. Quando si presenta una determinata situazione devo però capire come affrontarla e gestirla”.

Entrando subito nel dettaglio, quali sono le paure del ciclista?

“Dire quella di non essere all’altezza delle situazione. Aver lavorato tanto e non vedere i risultati. Vi è inoltre la paura di non essere in grado di mantenere le aspettative. L’atleta si sente in dovere, nei confronti delle persone che gli stanno attorno. Spetta anche a questi soggetti saper trasmettere approcci, atteggiamenti e rapporti positivi. Ci avete mai pensato? Noi trasmettiamo con il corpo quello che siamo dentro. Per questo è bene lavorare sull’emozione e favorire la serenità.

Per ricevere la dovuta attenzione anche l’approccio con l’altra persona è fondamentale..

“Proviamo a pensare ad un corridore a cui diciamo “Non ti staccare”. Diverso è invece se ci rivolgiamo a lui dicendo “prova a rimanere attaccato al gruppo”, “Cerca di rimanere lì attaccato”. Il NON, viene associato a qualcosa di negativo e uno si mette in una situazione di difesa. Comunque l’approccio e il percorso cambiano nel tempo. Esiste un percorso teorico strutturato, ma che va adeguato a ogni singola situazione”.

Esistono esempi particolari?

“Cerchiamo di capire da piccole domande lo stato d’animo. Mai una cosa diretta. Si parte da un generale, cosa ne pensi? come ti sei sentito, cosa hai provato? come ti sei rapportato? Quale difficoltà hai avuto? Cosa pensi di fare?

Ogni atleta è differente e arriviamo agli obiettivi per gradi. L’importante è innescare un percorso. L’altra cosa importante è ascoltare, mai dare la risposta.

La gestione del campione è diversa?

“Per alcuni punti di vista è più semplice. Hanno quella conoscenza del sè interiore molto forte. Grazie ai campioni scopri quello che studi sui libri corrisponde alla realtà. Penso a gente come Vincenzo Nibali o Valentino Rossi. Loro sanno già darti la risposta. Certamente pure loro hanno bisogno di sfogarsi ed esternare. Tu devi solo saper stimolare la valvola di sfogo.

Tenersi le cose dentro non serve. Quando riesci trovare la chiave giusta allora si aprono certe saracinesche non si sa dove possa portare. Magari anche solo a un pianto liberatorio.

Percepisce da subito il miglioramento in un atleta?

Si perché il corridore diventa più interattivo. Un altro concetto che spiego loro è di imparare ad accettare l’altro, ognuno è diverso. Si tratta di un percorso che non ha un termine. A volte serve il confronto diretto e poi con in tempo basta anche solo sentirsi. Alla base di questo percorso c’è la fiducia.

 

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