L’ultracycler Paolo Aste, appena sceso dal podio della 12H di Monza, gara che si è svolta per tutta una notte sul tracciato F1 dell’Autodromo di Monza, ci parla di questo secondo posto ma soprattutto della nuova, straordinaria impresa che affronterà in coppia con la collega Paola Gianotti: la Transiberiana, da Mosca a Vladivostok.
Paolo. Com’è cominciata la tua storia con la bicicletta?
Ho iniziato da bambino a correre in strada a Valli del Pasubio, il paese incuneato nelle piccole Dolomiti vicentine dove tutt’ora vivo e lavoro. Avevo circa otto anni e ho corso per tre – quattro anni, poi ho smesso. Mi è ritornata la passione verso i 17 anni e così ho iniziato ad allenarmi duramente sulle due ruote strette. I risultati non sono tardati ad arrivare. Negli ultimi cinque anni mi è venuta la passione delle gare a lunga percorrenza. Ho fatto la RadMarathon in Svizzera, 720 km percorsi in 24 ore e 30 minuti, la Dos Ras Slovenia, 1230 km percorsi in 54 ore, il giro d’Irlanda, 2.190 km in 5 giorni e 1 ora. Ho partecipato alla regina delle gare di ultracycling a livello mondiale, la RAAM, la gara che attraversa gli Stati Uniti da Ovest ad Est, 4.800 km percorsi in 9 giorni e 21 h, con 38.000 metri di dislivello. E molte altre.
Parlaci della 12 H di Monza, appena conclusa
A Monza è andata bene, sono arrivato secondo. Nelle ultime due ore purtroppo è venuto fuori il caldo e io, non avendo una squadra, a un certo punto mi sono fermato per prendere da mangiare e da bere e ho perso il giro di vantaggio che avevo. Peccato, sono stato in testa fino a due ore dalla fine. Questa gara per me è stata comunque una preparazione, un test per la Russia, la mia prossima impresa, quindi è andata molto bene. Avevo previsto di fare 450 km e invece ne ho fatti 509, 60 km in più del previsto, quindi sono molto contento. Ho raggiunto i 41,7 di media su 509 km, una media altissima. Sono andato molto più forte del previsto.
Transiberiana: una gara impegnativa che affronterai con Paola Gianotti…
Io e Paola Gianotti volevamo fare qualcosa insieme. A fine marzo abbiamo saputo di questa gara come prima edizione e ci siamo detti “proviamo a farla”. Paola voleva già partecipare da sola ma non poteva perché le donne non possono partecipare da sole. Sono ammesse tre categorie: uomo singolo, coppia maschile e coppia maschio – femmina. E’ una gara di ultracycling nuova, inventata da RedBull. Segue una formula diversa, non è come in America che chi prima arriva prima alloggia. Prevede tappe da 300 a 1500 km con tempo massimo, ciò significa che puoi arrivare fino a 3 ore dal primo, ma in pratica se questo accade dormi meno, massimo 4 ore. Alla lunga, se arrivi ad una tappa in ritardo, poi fai molta fatica a recuperare. Sarà una gara ad eliminazione e ci saranno molti sbalzi termici tra il giorno e la notte. Non ci saranno i canonici venti gradi di sbalzo, in qualche punto saranno anche trenta. La temperatura in Russia può andare dai 38 gradi di giorno ai 7-8 gradi di notte. Trenta gradi di sbalzo sono tantissimi. Bisogna dosare bene le forze. Una gara del genere si fa con la testa. C’è la preparazione, l’organizzazione, c’è tutto il resto ma questa è una gara da fare principalmente con la testa, bisogna farla girare bene.
Cosa intendi per “far girare bene la testa”. Che attitudine occorre avere?
Occorre essere convinti di quello che si fa, devi essere convinto di superare la gara senza problemi e non sprecare energie: non servono scatti inutili, perché la gara dura 21 giorni. E’ proprio lunga!
Mosca – Vladivostok, 9.200 km e un’escursione termica da paura. Come farete ad affrontarla?
Per resistere è fondamentale l’alimentazione e idratarsi bene, bere costantemente. Importantissimo è coprirsi o scoprirsi in base al caldo o al freddo. Per la mia esperienza, ormai sono cinque anni che faccio questo tipo di gare, non bisogna dare nulla per scontato, se ti sembra di stare bene ok, ma se ti sembra di avere caldo scopriti. Sei sempre oltre il limite. Se ci sono 38 gradi e vai avanti troppo coperto, consumi liquidi e non riesci a integrarli tutti. Poi alla lunga ti fermi. Perché ti disidrati. Anche per quanto riguarda abbigliamento e attrezzatura è fondamentale non lasciare nulla al caso, curare in particolare il fondello dei pantaloni e la sella. Meglio essere previdenti.
Come è composta la squadra che vi segue?
Abbiamo tre furgoni. C’è lo staff Red Bull, e poi tre persone che lavorano con noi: un cuoco, un meccanico e una ragazza che ci fa il filmato. Poi ci sono altre due persone dell’organizzazione.
Dove dormirete?
Su 16 notti dormiremo 13 notti in albergo; per le tre notti delle tappe più lunghe, quelle in zone pressoché disabitate, dormiremo in furgone o in tenda. Saranno le tre tappe più massacranti. Per le altre notti, anche se dormiremo in media solo cinque ore, essere in albergo è comunque una comodità. In generale sarà una performance molto impegnativa, con diverse avversità. Bisogna organizzarsi per non farsi logorare dalle vibrazioni; fondamentale, ad esempio, è usare copertoni grossi e gonfiarli poco. Per quanto riguarda il manubrio, tutti usano un solo nastro, io ne uso tre perché ho le mani grandi. Questo alla lunga salva meglio i polsi e hai meno difficoltà alla circolazione del sangue. Quanto alle bici, Paola ha una Cinelli in carbonio, io invece preferisco il titanio, perché assorbe meglio le vibrazioni.
Cosa pensi della App Sport Plus Health?
Per me è una cosa bellissima per la gente da casa, perché può seguire la gara vedendo dati come velocità, media e frequenza. Secondo me è una genialata, in continuo perfezionamento, ma già più performante della concorrenza. Deve solo diffondersi, farsi conoscere tra gli sportivi, ma è sicuramente più “avanti”.
Tu e Paola vi conoscete da molto?
Mi aveva contattato per avere un po’ di dritte prima di affrontare il suo giro del mondo, poi siamo diventati amici, e così è nata questa nuova avventura insieme. Vedrò se riuscirò a starle dietro!
Cosa ti aspetti da quest’impresa che state per affrontare?
Mi aspetto un’esperienza nuova, tutto quello che può darmi, qualsiasi cosa sia. E poi mi aspetto che nasca una bella amicizia tra noi del team, perché una cosa che condividi con gli altri vale il doppio. Poi l’ordine di arrivo al traguardo conta sì, ma fino a un certo punto.
Se arrivi alla fine e hai dato il massimo, hai comunque vinto.